giovedì 16 marzo 2017

Come capire e valutare chi ci sta di fronte di D. Mackenzie Davey

Oggi userò alcuni spunti tratti da Come capire e valutare chi ci sta di fronte di D. Mackenzie Davey per ripercorrere la storia dello studio delle espressioni facciali, la comprensione a prima vista dell’individuo e la mia passione sul cercare di capire il prossimo. Anche se, probabilmente, come disse Sartre, l’essere umano è inafferrabile, posso comunque cercare di comprendere quelle caratteristiche universali che ci accomunano come esseri umani, evoluzionisticamente parlando. Lo studio del linguaggio del corpo però può anche favorire campi come la selezione e ricerca del personale o cercare di difenderci da chi ci sta mentendo.
Gli uomini hanno sempre cercato di capire il prossimo. I primi tentativi risalgono alla Grecia classica. Ippocrate, il padre della medicina, sviluppò il concetto degli umori. L’organismo umano dipenderebbe dall’equilibrio degli elementi di aria, terra, fuoco e acqua, definito eucrasia, mentre il prevalere dell'uno o dell'altro causerebbe la malattia ovvero discrasia.
Da Wikipedia,
la teoria umorale è anche una teoria della personalità: la predisposizione all'eccesso di uno dei quattro umori definirebbe un carattere, un temperamento e insieme una costituzione fisica detta complessione:

  • il malinconico, con eccesso di bile nera, è magro, debole, pallido, avaro, triste;
  • il collerico, con eccesso di bile gialla, è magro, asciutto, di bel colore, irascibile, permaloso, furbo, generoso e superbo;
  • il flemmatico, con eccesso di flegma, è beato, lento, pigro, sereno e talentuoso;
  • il sanguigno, con eccesso di sangue, è rubicondo, gioviale, allegro, goloso e dedito ad una sessualità giocosa.
L'infinita possibilità che gli elementi hanno di combinarsi fra loro è all'origine degli infiniti caratteri riscontrabili nella natura umana. Gli umori, inoltre, sono soggetti a prevalere o a diminuire a seconda dei momenti della giornata, delle stagioni e delle età della vita. Il sangue, ad esempio, prevale in primavera, la bile gialla in estate, la flemma in autunno e la bile nera in inverno.
Inutile dire che la teoria degli umori è stata completamente abbandonata. Ancora oggi, tuttavia, si attribuisce una qualche validità ai tipi di temperamento indicati da Ippocrate come si evince dalla figura, dove si può riconoscere dall’espressione facciale il tipico poeta romantico, languido e malinconico; il tipo combattente, pronto a far fuoco e fiamme; il tipo sonnolento, flaccido e flemmatico e, infine, la persona fiduciosa, ottimista e gioviale.

Un altro metodo d’interpretazione della personalità basato sull’aspetto fisico è la Fisiognomica. Sembra accertato che sia stato Aristotele il primo a scrivere sull’argomento.

Da Wikipedia,
Si tratta di un criterio di deduzione delle caratteristiche psicologiche dell’uomo che  pretende di dedurre i caratteri psicologici e morali di una persona dal suo aspetto fisico, soprattutto dai lineamenti e dalle espressioni del volto. Il termine deriva dalle parole greche physis (natura) e gnosis (conoscenza). Fin dal XVI secolo questa disciplina godette di una certa considerazione tanto da essere insegnata nelle università. 
Esistono due principali tipi di fisiognomica:
  • la fisiognomica predittiva assoluta, che sostiene una correlazione assoluta tra alcune caratteristiche fisiche (in particolare del viso) ed i tratti caratteriali; queste teorie non godono più di credito scientifico.
  • la fisiognomica scientifica, che sostiene una qualche correlazione statistica tra le caratteristiche fisiche (in particolare del viso) ed i tratti caratteriali a causa delle preferenze fisiche di una persona dovute al comportamento corrispondente. La correlazione è dovuta al rimescolamento genetico. Questo tipo di fisiognomica trova fondamento nel determinismo genetico del carattere.
 Un’altra pseudoscienza è la Frenologia. (dal greco phren = mente e logos= studio) è una dottrina pseudoscientifica ideata e propagandata dal medico tedesco Franz Joseph Gall (1758 - 1828), secondo la quale le singole funzioni psichiche dipenderebbero da particolari zone o "regioni" del cervello, così che dalla valutazione di particolarità morfologiche del cranio di una persona, come linee, depressioni, bozze, si potrebbe giungere alla determinazione delle qualità psichiche dell'individuo e della sua personalità.
Come accadde in seguito per i test d'intelligenza anche la frenologia per un certo tempo venne vista con interesse dai datori di lavoro, tanto che molti imprenditori giudicavano l'onestà delle persone da assumere in base alle loro caratteristiche morfologiche.
Fu verso la fine del XIX secolo che questa pseudoscienza perse la sua credibilità.
Solo alcuni si ostinarono ancora a considerarla scienza, come ad esempio coloro i quali divulgarono la convinzione che la razza ariana fosse la razza superiore.

Dopo questo rapido excursus sulla pseudoscienza che ha dominato la scienza e la visione del mondo fino a pochi secoli fa, possiamo comunque tenere per noi alcune buone idee. È accertato che esista un complesso sistema di comunicazioni non verbali fatto di sguardi, gesti, atteggiamenti, microespressioni, tale da poter comprendere chi ci stia di fronte in pochi attimi. Le reazioni emotive che scattano, spesso impercettibili, ci aiutano a capire se quanto viene espresso a voce corrisponda alla realtà o ci stanno mentendo. Il dubbio, il ragionevole dubbio Cartesiano è sempre attuale. Il fatto è che la microespressione arriva prima e inconsciamente, se si cerca di rimanere impassibili, il danno è stato già fatto. L’ordine impartito dal cervello di rimanere impassibili arriva troppo tardi, quando, cioè, una minima increspatura è già avvenuta. Si parla di danno, se l’interlocutore esperto se ne accorge, sennò passa tutto in cavalleria.

Una caratteristica che non è possibile nascondere agli occhi esperti è il restringimento e la dilatazione delle pupille. La gente può fingere allegria, tristezza, aggressività, durezza e compassione, ma non la contrazione delle pupille che è un riflesso involontario. La luce fa restringere le pupille, per evitare che l’eccesso di luce danneggi l’occhio, viceversa la sera si allargano per la poca luce. Ma anche le emozioni giocano un ruolo predominante. Quando vediamo qualcosa di eccitante o di piacevole, le pupille si dilatano; di fronte a qualcosa di sgradevole si restringono. Siamo di fronte dunque a un fenomeno che può essere studiato scientificamente.  
Desmond Morris sostiene, per esempio che oltre al birdwatching esista il manwatching, inteso come osservazione dell’uomo (non come voyeurismo ovviamente). Chi studia il comportamento degli uomini trova ugualmente interessante sia come un vecchio signore saluti un amico, sia come una ragazza incroci le gambe; è un ricercatore sul campo e il suo campo è dappertutto: la fermata dell’autobus, il supermercato, l’aeroporto, ecc. Dovunque ci sia gente il manwatcher ha qualcosa da imparare su i suoi simili e su se stesso. Ho trovato il corrispettivo in italiano del libro di Morris, L' uomo e i suoi gesti. L'osservazione del comportamento umano, che mi attira in maniera esagerata, e dovrò comprarlo al più presto. Che poi Morris è lo stesso della Scimmia Nuda balla a cui si ispira il vincitore di Sanremo. 
Che abbia trovato il mio lavoro ideale? Interessante il manwatching anche se a prima vista sembra un po' da stalker. 



martedì 25 febbraio 2014

L'uso del poligrafo per scovare le menzogne

Quando si cerca d’individuare una menzogna è importante sapere che esistono due tipi di errore che si possono commettere. Il non credere alla verità della persona o falso positivo e l’opposto, ossia, il credere alla bugia o falso negativo. Nel primo caso il pericolo è vedere una bugia laddove non ci sia, come quando si hanno dei preconcetti a priori. Nel secondo caso non ci si accorge che l’altra persona sta buggerando, si crede dunque nella sua buona fede. Questo genere di errori di giudizio sono veramente insidiosi per il mestiere del “Lie dective”, tanto da far rinunciare molti senza neanche averci provato. È facile incappare in questo genere di errori con gli sconosciuti, perché ognuno porta con sé caratteristiche individuali diverse, come: gesti illustrativi, modi di parlare, manipolazioni, ecc, che possono indurre a falsi positivi e falsi negativi.
Non c’è da biasimare chi ritiene che l’unico criterio oggettivo per individuare una menzogna sia il test del poligrafo o “macchina della verità”. Ma è veramente così? Secondo Ekman l’uso del poligrafo è aumentato esponenzialmente negli ultimi anni, sia nelle aziende private americane per la selezione del personale (Oh my god), sia per le indagini di polizia. Ma come funziona questa macchina? Essenzialmente si misurano i cambiamenti emotivi della persona prodotti dal sistema nervoso autonomo, che come si ricorderà, è il più difficile da falsificare.  
La pressione arteriosa, la temperatura cutanea e il battito cardiaco sono registrate nel momento in cui si attivano. È questo quello che fa, una sorta di visita medica durante la quale attivazioni emozionali a determinate domande dovrebbero corrispondere all’indizio di menzogna.  Ma l’utilizzo del poligrafo non ci salva dall’incubo dei falsi positivi e negativi di chi giudica, inoltre chi mente può tradirsi a causa del timore di essere scoperto, dai sensi di colpa o dall’eccitazione, tutti i casi in cui la pressione sanguigna può aumentare, ma non per questo deve essere necessariamente una bugia. Vi ricordate cosa combina De Niro a Ti presento i miei?
«Migliaia di persone vengono sottoposte annualmente a interrogatori con il poligrafo e decisioni importanti si basano sui risultati di questi esami. Eppure la validità (scientifica) di questo strumento non è conosciuta» (p. 195).  Siamo quasi arrivati alla conclusione di questo libro. Nel prossimo post farò una panoramica sull'incontro di Ekman col Dalai Lama per poi trarre le considerazioni finali del rapporto tra menzogna e identità personale. 

Bon voyage!

lunedì 6 gennaio 2014

Digressione sgangherata...

So bene che avrei dovuto parlare del poligrafo da molto molto tempo, ma nel frattempo… 
Ho ricevuto, per regalo, il libro di Paul Ekman col Dalai Lama sulla Felicità emotiva e mi sono ipnotizzato…Successivamente, ho cominciato A che gioco giochiamo di Eric Berne, un classico sull’analisi transazionale (di cui vi parlerò). Come se non bastasse prima di addormentarmi non potevano mancare i fantastici racconti di Banana Yoshimoto e dei rapporti turbolenti tra i personaggi e le descrizioni meravigliose di Giappolandia. Poi sono arrivati i ricciarelli di Natale, il cenone, il panettone, le lenticchie, le tombole, aiutoooooooo. E come si fa ad andare avanti con un progetto con tutte queste distrazioni? Me lo sapete dire voi? 
A beh ma ora si fa sul serio è! Dov’eravamo? Ah si, i falsi positivi e negativi, no nooooo, non parlo dei negativi delle fotografie, che diavolo pensate?!?!?
…Perché ad Atene Socrate girava per la città dialogando con perfetti sconosciuti di come fosse fatto il mondo: cosa scorre? e cosa invece rimane immutabile?... Il tutto raccontato da Platone dall'alto del suo mondo delle idee…e non scordatevi di ritirare la posta nel mitico nascondiglio segreto di Sofia…Oddio, oddiooooooooo, ma qui siamo nel Mondo di Sofia, di Jostein Gaarder, e che minchia c’entra con Ekman?
Ebbene tutto c’entra. Nella mia mente è tutto così ingarbugliato, ma poi il discorso si materializza e delinea mentre lo sto scrivendo. E' così anche per voi? È proprio come dice Daniel Dennett, che lo stesso scrittore non sa quello che vuole dire fino a che non l’ha scritto, oppure secondo voi le idee e i pensieri sono già nella mente e devono essere trovate solamente le parole? Lasciate un commento in proposito o su qualsiasi cosa vi passi per la testa.
No, non mi sono dimenticato del nocciolo principale della questione, ve ne parlerò prestissimissimo, tutto è già pronto, va solo rintracciato nel lobo frontale, nell’osso parietale, o nel cervelletto, o forse dovrò ricorrere al poligrafo per scavare nei meandri della mia psiche? :) Chi lo sa? Presto sapremo a cosa diavolo possa servire, e se davvero sia così utile per smascherare le menzogne.
 Poi vi parlerò dell'incontro di Ekman col Dalai Lama di cui sopra e di tante altre cose


A presto! Scusate la digressione sgangherata e fuori le righe!

P.S.: la foto di Ken Shiro Socrate (o il Guerriero dir si voglia) dovevo...ho DOVUTO metterla, e quando mi ricapitava? XD

lunedì 28 ottobre 2013

Indizi di menzogna sul viso

In questo post andrò a parlare degli indizi di menzogna sul viso. Ci ho messo più del previsto a tessere le fila del racconto. Ekman nel suo libro, I volti della menzogna, bombarda il lettore di informazioni nonostante il suo stile divulgativo. Non è per niente semplice riconoscere gli indizi rivelatori di menzogna sul viso delle persone. Sembra facile capire quando una persona mente, tutti crediamo di essere bravi in questo. In realtà non è affatto così banale come possa sembrare. Il viso ha tantissimi muscoli e può perfino mentire dicendo contemporaneamente la verità.
Per capire quando una persona mente bisogna innanzitutto comprendere come funziona il nostro cervello e soprattutto ricordare che esso è il prodotto dell’evoluzione della specie per selezione naturale. Un processo lento che, nel corso del tempo, ha portato all’emergere di proprietà sempre più sofisticate che permettessero all’individuo di adattarsi meglio all’ambiente. Tra questi adattamenti troviamo: il saper parlare meglio con il prossimo, il difendersi dai nemici e dai propri conspecifici, avere delle proprietà intellettive superiori, saper mentire, avere una costituzione fisica più resistente al freddo o alle radiazioni, ecc. Una o più di una di queste facoltà ha determinato per il soggetto portatore un vantaggio immediato, così da essere in posizione favorevole nei confronti degli altri. Sapersi ambientare meglio significa superare illesi i primi anni di vita, in modo tale da raggiungere nel pieno delle forze il periodo in cui si va alla ricerca della compagna. Si lotta per la sua conquista e, nella competizione amorosa, si ha più probabilità di essere scelti se l’individuo in questione presenta dei notevoli vantaggi competitivi e, soprattutto, all’occhio della compagna è più adatto a procurare cibo, nonché mantenere una relazione stabile in ottica di affidamento della prole.
I muscoli del viso si sono evoluti presentando movimenti e mimiche facciali volontarie e involontarie. Felicità, paura, rabbia, disgusto, tristezza, sofferenza, sono caratteristiche universali comuni a tutti gli esseri umani, senza distinzione di età, sesso, razza, cultura.  Fin dalla tenera età i bambini sono capaci di esprimere emozioni, essendo innate. Molte delle espressioni facciali le condividiamo anche con i nostri cugini: i primati superiori. I bambini imparano presto a controllare i movimenti del volto, dissimulando e nascondendo la verità con un misto di autenticità e finzione. Crescendo, le regole di espressione della cultura di appartenenza entrano prepotentemente nel modo di fare della persona. Una caratteristica innata del cervello è il motore di base, su cui la cultura, il linguaggio e le regole di condivisione poggiano, per poi successivamente fungere da “modificatore”.
È dunque impossibile riconoscere una menzogna se è forgiata fin dai primi anni di vita del bambino?
È proprio per tale radicatezza, per lenta capacità con cui si instaura fin dall’infanzia, che riconoscere una menzogna non è così semplice. Il volto, il tono di voce e il corpo però, lasciano sempre trapelare degli indizi rivelatori. È su tali indizi che ci si deve concentrare.
Potremmo cominciare distinguendo le emozioni autentiche, involontarie, e non autentiche o volontarie che chiamano in causa parti diverse del cervello. Ma un’emozione non è semplice da analizzare. Se ad ogni emozione corrispondesse una espressione facciale equivalente la nostra analisi sarebbe molto semplice. Ma non è così. Ad ogni emozione, ci spiega Ekman, corrisponde una famiglia di espressioni, ed ogni famiglia di emozione varia per intensità, controllo, tempi di avvio e di spegnimento e temperatura.
 La collera per esempio può andare dal fastidio al furore, dall’esternazione al soffocamento, da un tempo di avvio istantaneo o rallentato, da un caldo ribollire a una temperatura più fredda e calcolata.

Ma non è tutto così aleatorio come possa sembrare. Ci si può basare su alcuni dati empirici per il riconoscimento della menzogna. Nei muscoli della fronte troviamo quelli più difficili da falsificare. La dilatazione della pupilla poi ci può dire molto. Prodotta dal sistema nervoso autonomo, infatti, non si può controllare, è autentica. Le pupille si dilatano al nascere dell’emozione. 
Il sistema nervoso autonomo produce anche il pallore in volto, così come il rossore e la sudorazione. Tutte proprietà difficili da falsificare, proprio per la loro origine vegetativa. Le già citate microespressioni, la postura, il tono di voce e le espressioni soffocate, così come i lapsus possono metterci sul chi va là, ma possiamo trovare anche una asimmetria, uno stacco temporale innaturale tra il nascere dell’emozione e il gesto corrispondente, come quando si urla per la collera e solamente dopo qualche istante si decide di dare un colpo sul tavolo. Un sistema di rivelazione della menzogna che si basa su alcune caratteristiche empiriche potrebbe essere il poligrafo. Ekman però ci mette in guardia a proposito. è sicuramente vero che il poligrafo capisce quando c'è un'alterazione improvvisa nel corpo del soggetto interrogato, ma è altrettanto doveroso considerare la moltitudine di falsi positivi che può produrre questa macchina. Nel prossimo intervento parlerò dei falsi positivi e falsi negativi e di quanto sia utile il poligrafo per la rilevazione delle menzogne. Percorrerò a mio giudizio così tutte le tappe più importanti del libro di Paul Ekman, traendone delle sensazioni e spaziando di tanto in tanto su evoluzionismo e il rapporto tra mente e cervello.

venerdì 27 settembre 2013

Il fallimento delle bugie

Delle volte le bugie falliscono miseramente secondo Ekman. Paul Ekman è l'autore a cui mi sto riferendo negli ultimi interventi. Tutto è nato dal telefilm Lie to Me in cui il protagonista (Tim Roth) riesce a scoprire se una persona menta dall'atteggiamento e dalle espressioni facciali, le cosiddette microespressioni. Potete leggere l'intervento più in basso se non sapete di cosa sto parlando. Perché le bugie non riescono? È la domanda del post di oggi. 
Esistono varie ragioni. È principalmente perché si ha timore del destinatario della menzogna, di indole sospettosa, o per via della sua autorevolezza. Oppure, il mentitore ha semplicemente poca fiducia in se stesso; non è abituato a questo genere di cose, con la conseguenza di aver paura di essere scoperto. Il timore può anche vertere sull'immaginarsi le conseguenze delle proprie azioni e le possibili ripercussioni sulla propria immagine pubblica. Tutta questa posta in gioco genera apprensione, un particolare, intenso sentimento che si instaura nella mente e, come un tarlo, contagia l'intero individuo. Indizi rivelatori, gesti inconsulti, sudorazione, tic nervosi e lapsus: il mentitore sarà come posseduto da se stesso. 
Bisogna ricordare che non esiste un singolo muscolo della faccia deputato all'inganno, al contrario del famoso muscolo del pensiero di Darwin. Esistono una serie di indizi corporei, chiamiamoli di "possessione", che mettono in allerta il destinatario della menzogna. Ma come ci comportiamo quando vogliamo scoprire se la persona che ci sta di fronte ci stia mentendo? Tutti noi, o la maggior parte, per cercare di capirlo si basa sul lessico, su quello che la persona sta dicendo, o sulle espressioni facciali (tutti ci reputiamo in gamba nel riconoscerle). Ma non è la strada giusta da perseguire. Le sopra appena citate, sono in assoluto le due cose che l'essere umano ha imparato meglio a controllare e a tenere a bada. È la voce, il corpo, la postura, gli indizi di possessione quelli più attendibili e da tenere in considerazione per lo smascheramento. È, infatti, proprio il fatto di essere occupati a soppesare le parole e a controllare le espressioni che si usano a lasciare "libero sfogo" al resto del corpo. In qualche modo le emozioni trovano canali di esternazione alternativi. 
Pause, continue ripetizioni, calo del tono di voce, possono, per esempio, denotare una possibile tristezza del nostro interlocutore. Viceversa, improvvise accelerazioni, tono di voce alto, sono chiari segni di collera o paura. In concomitanza con l'emergere delle emozioni potremmo notare anche pugni chiusi o gesti convenzionali come il "fare spallucce". Nel prossimo post entrerò più nel dettaglio sugli indizi di menzogna sul viso. A presto!

lunedì 16 settembre 2013

Menzogna e indizi rivelatori

È il momento di comprendere meglio il significato del termine menzogna. Innanzitutto, il mentitore è colui che agisce di proposito, per una scelta volontaria e consapevole. Il "povero" destinatario dell'atto "disdicevole" è, inoltre, totalmente inconsapevole delle intenzioni del suo interlocutore. C'è una menzogna più "nobile" e una un po' meno tale. Da una parte c'è il dissimulare, ossia, la reticenza nell'affermare tutta la verità, tralasciando particolari importanti, ma che, tuttavia, potrebbero rivelarsi addirittura produttivi per chi subisce la menzogna. È il caso del medico che nasconde alcuni dettagli della malattia del paziente perché potrebbe reagire in maniera inconsulta alla notizia sconvolgente. 
Dall'altra, troviamo la menzogna vera e propria, la falsificazione: si fa credere vera una cosa sfacciatamente inventata per ottenere un vantaggio tattico immediato, o perché ormai la semplice dissimulazione non basta più. La paziente psichiatrica può, per esempio, fingersi contenta, serena e in buono stato di salute fisica per poter usufruire di qualche giorno in compagnia dei propri cari. La madre di Cal Lightman in Lie to Me, da questo punto di vista, scelse questa menzogna per tornare a casa... per poi togliersi la vita. Cal sarà tormentato da questo fatto per tutta la vita. A mio giudizio è forse il motivo per cui ha scelto di dedicarsi allo studio ventennale delle microespressioni. Da una parte teme di essere come lei, dall'altra vorrebbe che errori di questo genere, da parte degli psichiatri, non si ripetano più. 
Il mentitore deve essere molto convincente per non essere scoperto, o è parecchio sfacciato e dunque allenato in questo genere di cose, o deve aver pianificato l'atto da molto tempo, imparando la parte a memoria proprio come un attore. Ma è dura essere totalmente impassibile. La mente del mentitore è invasa da idee e sentimenti contrastanti che fanno emergere indizi rivelatori e indizi di falso. Anche il miglior poker face lascia trapelare indizi che, con la giusta attenzione, possono essere notati. 
Gli indizi rivelatori avvertono sulle reali intenzioni del mentitore mettendo a nudo i contenuti della menzogna. È, per esempio, il caso del lapsus, di un'espressione del volto inattesa e fuori contesto, oppure un cambio del tono di voce. Quando invece non si conosce in cosa consista la menzogna ma gli indizi portano a dedurre che la persona menta, allora si parla di semplici indizi di falso. In quest'ultimo caso notiamo che probabilmente la persona nasconde qualcosa ma non sappiamo bene dire cosa. A Cal, per esempio, nella prima puntata della terza serie, gli bastano pochi secondi per sapere che la persona in sala d'aspetto della banca studiava il posto per una rapina.
Beh… a tratti, questi ragionamenti sembrano stregonerie, ma (credo) questi studi rappresentano la base per comprendere meglio il comportamento umano del futuro.
Mi viene in mente il Precog di Minority Report, quel film con Tom Cruise dove riescono a fermare un crimine prima che venga compiuto. In quel caso però, rispetto a Lie to Me, la polizia faceva uso di ragazzi con poteri psichici sensoriali. Dopotutto, vale la pena approfondire gli studi di Ekman, che si basano almeno su strumenti scientifici, (anche se tutt'ora da approfondire) con l'obiettivo di ricostruire il difficile puzzle del volto umano e le molteplici facce della menzogna. 

martedì 10 settembre 2013

Le microespressioni

Comprendere le emozioni del nostro interlocutore solamente guardandolo sembra una capacità che tutti possediamo. Cosa ci vuole a capire se una persona è triste, allegra o preoccupata? Ciò che in realtà però capiamo sono espressioni che rappresentano macro sentimenti. È raro però che le emozioni si manifestino in questo stato puro.
O meglio, in compagnia di altre persone, tendiamo a dissimularle, a coprirle nel momento in cui si manifestano, per pudore, o perché in quell'istante l'attività in corso richiede tutta la nostra integrità psicofisica. Quel che non vediamo sono dunque le microespressioni, o meglio, fotogrammi inconsci d'emozione facciale, subito soppressi o nascosti da un'altra emozione, o anche dei microgesti, gestuali appunto, come una scrollata di spalle, un movimento della mano o un protendersi del corpo, un manipolatore, un lapsus, ecc.
Questi sentimenti celati sono importanti perché, se imparati a riconoscere, possono dare degli spunti per comprendere se una persona stia mentendo o nascondendo qualcosa. Non è una scienza esatta, e c'è bisogno di molta pratica per interpretare una microespressione, ma è un mondo talmente affascinante che merita riflessione. Ekman sostiene, infatti, che analizzare come le persone mentano possa servire a capire meglio anche i rapporti umani, proprio perché la menzogna fa parte della vita di tutti i giorni.
Per definire meglio una microespressione bisogna capire il funzionamento dei muscoli facciali. Le espressioni vere appaiono in meno di un quarto di secondo e, se accompagnate dall'emozione corrispondente, sono anche quelle più involontarie, viceversa nelle false, appare un controllo volontario del volto perché è il pensiero che cerca in tutti i modi di inibire l'emozione. La mimica facciale involontaria è prodotto della selezione naturale e fa parte dell'evoluzione della specie.

Infatti, buona parte della mimica emotiva è condivisa anche con i nostri vicini di casa, le scimmie antropomorfe e i primati superiori. Crescendo è poi la cultura a fornire indicazioni su come modulare certe espressioni piuttosto che altre. Così come avviene con il linguaggio, il meccanismo psicologico sottostante di base del cervello viene poi integrato e manipolato dalla cultura. Avremo per esempio dei giapponesi impassibili nei rapporti sociali dove compare una figura autoritaria.
Nella prossima puntata andrò a definire meglio i tipi di menzogna e i suoi indizi rivelatori. Konbanwa!!!

lunedì 9 settembre 2013

Le nostre menzogne sono sempre credibili?

Che tipo d'influenza ha il nostro comportamento non verbale sugli altri? Le nostre parole sono sempre in sincrono con l'espressione facciale? Quando mentiamo o dissimuliamo, riusciamo sempre a essere credibili, o qualcosa in noi ci tradisce?
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Se siete degli attori di professione, o "attori nati" nella maggior parte dei casi la farete franca nella vita. Ma non è così per la maggior parte degli esseri umani. Infatti, tutti noi facciamo fatica a controllare più sistemi di comunicazione contemporaneamente, specialmente quando si mente. Quando proviamo a frenarci con le parole e, allo stesso tempo, controllare i movimenti corporei siamo già in crisi. Entrano in scena poi un mix di emozioni contrastanti: la paura di essere scoperti in primis, il senso di colpa per aver mentito, la soddisfazione per essere riusciti a farsi credere. Se ci mettiamo poi anche le espressioni facciali, il risultato sarà il crash del sistema. Risulterà un viso controllato, un tono di voce probabilmente impacciato, il corpo a tratti gesticolante o immobile. Cal Lightman vi avrebbe già scoperto e…demolito. Se avete capito di cosa sto parlando siete anche voi dei Callian…appassionati della mitica serie televisiva Lie to Me, forse la più coinvolgente degli ultimi 10 anni, ma interrotta inesorabilmente e tragicamente.
Se siete poi andati oltre la semplice visione, ma vi siete (come me pazzamente) imbattuti in altre riflessioni, allora probabilmente saprete che Lie to Me prende spunto dagli studi ventennali di Paul Ekman. Psicologo statunitense, ha dimostrato come le espressioni facciali non siano totalmente determinate dalla cultura e dalle tradizioni, ma in buona parte universali e, dunque, uguali per gli tutti gli esseri umani, così come le emozioni, indissolubilmente legate alle espressioni. Beh, in fondo aveva anche qui ragione Darwin.
Probabilmente, nel famigerato periodo ancestrale le emozioni facciali sono servite per adattarci meglio all'ambiente e comunicare meglio (e forse prima ancora delle parole). Ekman stila una lista di espressioni che sono da considerarsi universali: divertimento, disprezzo, contentezza, imbarazzo, eccitazione, colpa, orgoglio dei suoi successi, sollievo, soddisfazione, piacere sensoriale, vergogna. Nella mia lettura dei Volti della Menzogna. Gli indizi dell'inganno nei rapporti interpersonali, negli affari, nella politica, nei tribunali, mi sono imbattuto in un linguaggio molto chiaro, divulgativo, non proprio in un saggio universitario.
Da qui in avanti andrò a scrivere alcune riflessioni che mi sono passate per la mente leggendo questo splendido libro. Buona lettura, a presto con gli aggiornamenti.