Comprendere le
emozioni del nostro interlocutore solamente guardandolo sembra una capacità che
tutti possediamo. Cosa ci vuole a capire se una persona è triste, allegra o
preoccupata? Ciò che in realtà però capiamo sono espressioni che
rappresentano macro sentimenti. È raro però che le emozioni si manifestino in
questo stato puro.
O meglio, in compagnia di altre persone, tendiamo a
dissimularle, a coprirle nel momento in cui si manifestano, per pudore, o
perché in quell'istante l'attività in corso richiede tutta la nostra integrità
psicofisica. Quel che non vediamo sono dunque le microespressioni, o meglio, fotogrammi inconsci d'emozione facciale, subito soppressi o nascosti da un'altra emozione, o anche dei microgesti, gestuali appunto, come una scrollata di spalle, un
movimento della mano o un protendersi del corpo, un manipolatore, un lapsus, ecc.
Per definire meglio una microespressione bisogna capire il funzionamento dei muscoli facciali. Le espressioni vere appaiono in meno di un quarto di secondo e, se accompagnate dall'emozione corrispondente, sono anche quelle più involontarie, viceversa nelle false, appare un controllo volontario del volto perché è il pensiero che cerca in tutti i modi di inibire l'emozione. La mimica facciale involontaria è prodotto della selezione naturale e fa parte dell'evoluzione della specie.
Infatti, buona parte della mimica emotiva è condivisa anche con i nostri vicini di casa, le scimmie antropomorfe e i primati superiori. Crescendo è poi la cultura a fornire indicazioni su come modulare certe espressioni piuttosto che altre. Così come avviene con il linguaggio, il meccanismo psicologico sottostante di base del cervello viene poi integrato e manipolato dalla cultura. Avremo per esempio dei giapponesi impassibili nei rapporti sociali dove compare una figura autoritaria.
Nella prossima puntata andrò a definire meglio i tipi di menzogna e i suoi indizi rivelatori. Konbanwa!!!
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