venerdì 27 settembre 2013

Il fallimento delle bugie

Delle volte le bugie falliscono miseramente secondo Ekman. Paul Ekman è l'autore a cui mi sto riferendo negli ultimi interventi. Tutto è nato dal telefilm Lie to Me in cui il protagonista (Tim Roth) riesce a scoprire se una persona menta dall'atteggiamento e dalle espressioni facciali, le cosiddette microespressioni. Potete leggere l'intervento più in basso se non sapete di cosa sto parlando. Perché le bugie non riescono? È la domanda del post di oggi. 
Esistono varie ragioni. È principalmente perché si ha timore del destinatario della menzogna, di indole sospettosa, o per via della sua autorevolezza. Oppure, il mentitore ha semplicemente poca fiducia in se stesso; non è abituato a questo genere di cose, con la conseguenza di aver paura di essere scoperto. Il timore può anche vertere sull'immaginarsi le conseguenze delle proprie azioni e le possibili ripercussioni sulla propria immagine pubblica. Tutta questa posta in gioco genera apprensione, un particolare, intenso sentimento che si instaura nella mente e, come un tarlo, contagia l'intero individuo. Indizi rivelatori, gesti inconsulti, sudorazione, tic nervosi e lapsus: il mentitore sarà come posseduto da se stesso. 
Bisogna ricordare che non esiste un singolo muscolo della faccia deputato all'inganno, al contrario del famoso muscolo del pensiero di Darwin. Esistono una serie di indizi corporei, chiamiamoli di "possessione", che mettono in allerta il destinatario della menzogna. Ma come ci comportiamo quando vogliamo scoprire se la persona che ci sta di fronte ci stia mentendo? Tutti noi, o la maggior parte, per cercare di capirlo si basa sul lessico, su quello che la persona sta dicendo, o sulle espressioni facciali (tutti ci reputiamo in gamba nel riconoscerle). Ma non è la strada giusta da perseguire. Le sopra appena citate, sono in assoluto le due cose che l'essere umano ha imparato meglio a controllare e a tenere a bada. È la voce, il corpo, la postura, gli indizi di possessione quelli più attendibili e da tenere in considerazione per lo smascheramento. È, infatti, proprio il fatto di essere occupati a soppesare le parole e a controllare le espressioni che si usano a lasciare "libero sfogo" al resto del corpo. In qualche modo le emozioni trovano canali di esternazione alternativi. 
Pause, continue ripetizioni, calo del tono di voce, possono, per esempio, denotare una possibile tristezza del nostro interlocutore. Viceversa, improvvise accelerazioni, tono di voce alto, sono chiari segni di collera o paura. In concomitanza con l'emergere delle emozioni potremmo notare anche pugni chiusi o gesti convenzionali come il "fare spallucce". Nel prossimo post entrerò più nel dettaglio sugli indizi di menzogna sul viso. A presto!

lunedì 16 settembre 2013

Menzogna e indizi rivelatori

È il momento di comprendere meglio il significato del termine menzogna. Innanzitutto, il mentitore è colui che agisce di proposito, per una scelta volontaria e consapevole. Il "povero" destinatario dell'atto "disdicevole" è, inoltre, totalmente inconsapevole delle intenzioni del suo interlocutore. C'è una menzogna più "nobile" e una un po' meno tale. Da una parte c'è il dissimulare, ossia, la reticenza nell'affermare tutta la verità, tralasciando particolari importanti, ma che, tuttavia, potrebbero rivelarsi addirittura produttivi per chi subisce la menzogna. È il caso del medico che nasconde alcuni dettagli della malattia del paziente perché potrebbe reagire in maniera inconsulta alla notizia sconvolgente. 
Dall'altra, troviamo la menzogna vera e propria, la falsificazione: si fa credere vera una cosa sfacciatamente inventata per ottenere un vantaggio tattico immediato, o perché ormai la semplice dissimulazione non basta più. La paziente psichiatrica può, per esempio, fingersi contenta, serena e in buono stato di salute fisica per poter usufruire di qualche giorno in compagnia dei propri cari. La madre di Cal Lightman in Lie to Me, da questo punto di vista, scelse questa menzogna per tornare a casa... per poi togliersi la vita. Cal sarà tormentato da questo fatto per tutta la vita. A mio giudizio è forse il motivo per cui ha scelto di dedicarsi allo studio ventennale delle microespressioni. Da una parte teme di essere come lei, dall'altra vorrebbe che errori di questo genere, da parte degli psichiatri, non si ripetano più. 
Il mentitore deve essere molto convincente per non essere scoperto, o è parecchio sfacciato e dunque allenato in questo genere di cose, o deve aver pianificato l'atto da molto tempo, imparando la parte a memoria proprio come un attore. Ma è dura essere totalmente impassibile. La mente del mentitore è invasa da idee e sentimenti contrastanti che fanno emergere indizi rivelatori e indizi di falso. Anche il miglior poker face lascia trapelare indizi che, con la giusta attenzione, possono essere notati. 
Gli indizi rivelatori avvertono sulle reali intenzioni del mentitore mettendo a nudo i contenuti della menzogna. È, per esempio, il caso del lapsus, di un'espressione del volto inattesa e fuori contesto, oppure un cambio del tono di voce. Quando invece non si conosce in cosa consista la menzogna ma gli indizi portano a dedurre che la persona menta, allora si parla di semplici indizi di falso. In quest'ultimo caso notiamo che probabilmente la persona nasconde qualcosa ma non sappiamo bene dire cosa. A Cal, per esempio, nella prima puntata della terza serie, gli bastano pochi secondi per sapere che la persona in sala d'aspetto della banca studiava il posto per una rapina.
Beh… a tratti, questi ragionamenti sembrano stregonerie, ma (credo) questi studi rappresentano la base per comprendere meglio il comportamento umano del futuro.
Mi viene in mente il Precog di Minority Report, quel film con Tom Cruise dove riescono a fermare un crimine prima che venga compiuto. In quel caso però, rispetto a Lie to Me, la polizia faceva uso di ragazzi con poteri psichici sensoriali. Dopotutto, vale la pena approfondire gli studi di Ekman, che si basano almeno su strumenti scientifici, (anche se tutt'ora da approfondire) con l'obiettivo di ricostruire il difficile puzzle del volto umano e le molteplici facce della menzogna. 

martedì 10 settembre 2013

Le microespressioni

Comprendere le emozioni del nostro interlocutore solamente guardandolo sembra una capacità che tutti possediamo. Cosa ci vuole a capire se una persona è triste, allegra o preoccupata? Ciò che in realtà però capiamo sono espressioni che rappresentano macro sentimenti. È raro però che le emozioni si manifestino in questo stato puro.
O meglio, in compagnia di altre persone, tendiamo a dissimularle, a coprirle nel momento in cui si manifestano, per pudore, o perché in quell'istante l'attività in corso richiede tutta la nostra integrità psicofisica. Quel che non vediamo sono dunque le microespressioni, o meglio, fotogrammi inconsci d'emozione facciale, subito soppressi o nascosti da un'altra emozione, o anche dei microgesti, gestuali appunto, come una scrollata di spalle, un movimento della mano o un protendersi del corpo, un manipolatore, un lapsus, ecc.
Questi sentimenti celati sono importanti perché, se imparati a riconoscere, possono dare degli spunti per comprendere se una persona stia mentendo o nascondendo qualcosa. Non è una scienza esatta, e c'è bisogno di molta pratica per interpretare una microespressione, ma è un mondo talmente affascinante che merita riflessione. Ekman sostiene, infatti, che analizzare come le persone mentano possa servire a capire meglio anche i rapporti umani, proprio perché la menzogna fa parte della vita di tutti i giorni.
Per definire meglio una microespressione bisogna capire il funzionamento dei muscoli facciali. Le espressioni vere appaiono in meno di un quarto di secondo e, se accompagnate dall'emozione corrispondente, sono anche quelle più involontarie, viceversa nelle false, appare un controllo volontario del volto perché è il pensiero che cerca in tutti i modi di inibire l'emozione. La mimica facciale involontaria è prodotto della selezione naturale e fa parte dell'evoluzione della specie.

Infatti, buona parte della mimica emotiva è condivisa anche con i nostri vicini di casa, le scimmie antropomorfe e i primati superiori. Crescendo è poi la cultura a fornire indicazioni su come modulare certe espressioni piuttosto che altre. Così come avviene con il linguaggio, il meccanismo psicologico sottostante di base del cervello viene poi integrato e manipolato dalla cultura. Avremo per esempio dei giapponesi impassibili nei rapporti sociali dove compare una figura autoritaria.
Nella prossima puntata andrò a definire meglio i tipi di menzogna e i suoi indizi rivelatori. Konbanwa!!!

lunedì 9 settembre 2013

Le nostre menzogne sono sempre credibili?

Che tipo d'influenza ha il nostro comportamento non verbale sugli altri? Le nostre parole sono sempre in sincrono con l'espressione facciale? Quando mentiamo o dissimuliamo, riusciamo sempre a essere credibili, o qualcosa in noi ci tradisce?
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Se siete degli attori di professione, o "attori nati" nella maggior parte dei casi la farete franca nella vita. Ma non è così per la maggior parte degli esseri umani. Infatti, tutti noi facciamo fatica a controllare più sistemi di comunicazione contemporaneamente, specialmente quando si mente. Quando proviamo a frenarci con le parole e, allo stesso tempo, controllare i movimenti corporei siamo già in crisi. Entrano in scena poi un mix di emozioni contrastanti: la paura di essere scoperti in primis, il senso di colpa per aver mentito, la soddisfazione per essere riusciti a farsi credere. Se ci mettiamo poi anche le espressioni facciali, il risultato sarà il crash del sistema. Risulterà un viso controllato, un tono di voce probabilmente impacciato, il corpo a tratti gesticolante o immobile. Cal Lightman vi avrebbe già scoperto e…demolito. Se avete capito di cosa sto parlando siete anche voi dei Callian…appassionati della mitica serie televisiva Lie to Me, forse la più coinvolgente degli ultimi 10 anni, ma interrotta inesorabilmente e tragicamente.
Se siete poi andati oltre la semplice visione, ma vi siete (come me pazzamente) imbattuti in altre riflessioni, allora probabilmente saprete che Lie to Me prende spunto dagli studi ventennali di Paul Ekman. Psicologo statunitense, ha dimostrato come le espressioni facciali non siano totalmente determinate dalla cultura e dalle tradizioni, ma in buona parte universali e, dunque, uguali per gli tutti gli esseri umani, così come le emozioni, indissolubilmente legate alle espressioni. Beh, in fondo aveva anche qui ragione Darwin.
Probabilmente, nel famigerato periodo ancestrale le emozioni facciali sono servite per adattarci meglio all'ambiente e comunicare meglio (e forse prima ancora delle parole). Ekman stila una lista di espressioni che sono da considerarsi universali: divertimento, disprezzo, contentezza, imbarazzo, eccitazione, colpa, orgoglio dei suoi successi, sollievo, soddisfazione, piacere sensoriale, vergogna. Nella mia lettura dei Volti della Menzogna. Gli indizi dell'inganno nei rapporti interpersonali, negli affari, nella politica, nei tribunali, mi sono imbattuto in un linguaggio molto chiaro, divulgativo, non proprio in un saggio universitario.
Da qui in avanti andrò a scrivere alcune riflessioni che mi sono passate per la mente leggendo questo splendido libro. Buona lettura, a presto con gli aggiornamenti.